В чест на 140 годишнината от Освбождението на България и националния празник трети март публикувам моя превод на италиански език на "Опълченците на Шипка" от Иван Вазов.
Ivan Vasov
I combattenti di ŠipkaTratto dalla “Epopea dei dimenticati” (1890)
Portiamo ancora la vergogna sulla fronte,
le cicatrici della frusta, i segni della sorte;
il ricordo amaro dei giorni del giogo beffardo
copra sempre quale nube il nostro sguardo!
La storia ci neghi per il futuro, come ora;
sia il nostro nome tragico, e ancora
la vecchia Belasitza e il Batak spossato
gettino la loro ombra sul passato!
Che gli atri ci indichino con risi di scherno
le nostre catene spezzate e quel caro segno
che sul collo portiamo dal vecchio mondo!
Che questa libertа ci sia per sempre un dono!
Facciano pure! Ma noi sappiamo
che in un tempo non molto lontano
brilla una cosa nuova, vi и una gloria non vana,
che stringe con orgoglio il nostro forte cuore
e che ci fa sentire la forza e l’onore.
Perchе" li, in alto, in cima alla montagna,
che il cielo azzurro sulle spalle sorregge,
si innalza una vetta selvaggia e trionfante,
coperta d’ossa bianche e di muschio sanguinante;
di un’impresa immortale testimone sordo.
Perche" in montagna c’e" un ricordo,
c’e" un nome che in tutti i tempi vivrа,
e nella nostra storia per sempre rimarrа:
un nome nuovo, antico, enorme,
glorioso come le Termopili che segna le orme,
che dа la risposta, che lava da noi la vergogna
e cava il dente della menzogna.
O, Šipka!
Tre giorni le giovani truppe
come lo stretto difendono! Le valli dei boschi
tremanti ripetono il grido della battaglia.
Attacchi tremendi! Per la dodicesima volta
fitte schiere strisciano sull’incolta montagna
e dei corpi la coprono, e del sangue la bagna.
Tempeste si susseguono. Frotta segue frotta!
Suleiman il Folle indica la quota
e grida: “Correte! Li" sono gli schiavi!”.
E le schiere si scatenano con le urla selvagge.
E “Allah!” potente nell’aria si levo",
ma la cima rispose con un altro grido: “No”.
E l’ennesima pioggia di pallottole, sassi e assi:
i nostri combattenti, di fresco sangue cosparsi,
sparano, spingono senza comandi nй ordine;
ognuno cerca solo di stare in avanti
e il petto eroico di offrir alla morte
ma almeno un nemico con se" di stendere morto.
I fucili echeggiano, urlano i turchi,
ammassi volano e cadono, muoiono:
vengono da tigri e da pecorelle fuggono.
I bulgari d’Orlov come leoni corrono
sul colle tremendo, senza sentire
ne" caldo ne" freddo ne" fatica alcuna.
L’attacco e" disperato, la difesa potente.
Da tre giorni combattono, ma non arriva aiuto.
Lo sguardo non vede speranza alcuna,
no, i fratelli non volano verso di loro.
Ma che n’e" importa! Cadranno loro,
cadranno con degno e senza paura –
una manciata di spartani sotto le armi di Serse.
Le orde arrivano, tutti sono all’erta!
L’ultimo attacco sta per iniziare.
Allora Stoletov, il nostro generale,
grido" che fece i boschi tremare:
“Giovani soldati,
alla Bulgaria ridate le corone d’alloro!
Alle vostra potenza lo zar affido"
lo stretto qui, la guerra e persino se"!”
A quel forte appello le truppe orgogliose
da eroi attendono le orde dell’oppressore,
furiose, selvagge. O, tu, eroica ora!
I flutti trovano delle roccaforti allora:
mancano le munizioni, ma il coraggio regge,
le baionette si spezzano, ma il petto protegge
e la dolce gioia di morire davvero
al cospetto dell’universo intero,
su quella collina, nella sparatoria,
in una morte d’eroi e in una vittoria.
“La Bulgaria tutta ci guarda ora,
la cima e" alta, e ci vediamo tutti bene;
se dobbiamo scappare, e" meglio cadere.”
Ormai non vi sono armi. Vi sono sacrifici!
Ogni asse si fa spada, ogni sasso bomba,
ogni cosa e" colpo, ogni mente e" fuoco.
Rocce e alberi sparirono nel vuoto.
“Prendete i corpi!” qualcuno urlo":
dei cadaveri esanimi volarono allora,
come demoni neri sopra la frotta nera,
caddero, colpirono, quasi vivi di nuovo.
E i turchi tremano, nella memoria privi
di un combattimento tra morti e vivi.
E spezzano l’aria con un grido diabolico.
Lo sconto e" ora a vita e a morte:
i nostri eroi quali rocce duri
il ferro affrontano con ferrei petti;
cantando si buttano nel massacro crudele
poiche" ormai sanno di essere morti.
Ma flutti sempre nuovi di orde rabbiose
dilagano, affondano quel gruppo valoroso…
Ancora un attimo! Cadrа la cima eterna!
All’improvviso Radetzki arriva con l’aiuto fraterno….
Tuttora la montagna, se una tempesta la comanda,
ricorda quel giorno tempestoso, per sempre rimanda
la sua gloria magnifica quale un eco
da cima in cima e da secolo in secolo.
Traduzione di Hristo Hadjitanev, Sofia, 2007